Cristo Passo
Il Cristo Passo è un’immagine di Gesù risorto con le braccia aperte e i segni della
passione sui palmi delle mani e nel costato, cinto ancora dalla corona di spine in testa. Un
notevole esempio di tale iconografia si trova nel Museo Diocesano di Arte Sacra: una
tempera grassa su tavola di piccole dimensioni, attribuita da Giancarlo Magri a Pomponio
Amalteo (1505-1588).
L’opera viene dalla parrocchiale di San Martino al Tagliamento, dove è stata rinvenuta da
mons. Pietro Nonis, negli anni Sessanta, rovistando tra le masserizie della soffitta della
sacrestia, in cattivo stato di conservazione. Concessa dal parroco di allora per il
costituendo Museo diocesano, fu depositata provvisoriamente nel Museo Civico di
Pordenone, assieme a tante altre opere. Il dipinto rimase però ancora a lungo dimenticato,
fino alla fine degli anni Ottanta, quando fu restaurato da Giancarlo Magri e inserito nella
collezione museale nel 1994.
In origine la tavola stava probabilmente nella predella del perduto altare ligneo in cui era
inserita la pala raffigurante San Martino, ora posta, assieme alla cimasa lignea raffigurante
l’Eterno Padre, nell’altare in muratura a gesso che imita quello antico. Scrive Magri nella
relazione di restauro che “la materia e il tono di colore di questo dipinto ricordano le scene
eseguite sulla predella dell’altare ligneo del duomo di Maniago e la tavola raffigurante il
Martirio di San Vito dell’ex cantoria conservato nel duomo di San Vito al Tagliamento”.
Si tratta di un’originale e straordinaria testimonianza del pensiero cristiano, cioè della fede
pensata. In esso Cristo, mostrando le sue piaghe, non solo sembra dire: “Oh uomini,
guardate cosa mi avete fatto»; ma dice soprattutto il suo piacere di essersi fatto un corpo
di uomo (Et Verbum caro factum est): infatti mostra che Gesù ha pensato come un profitto
per lui riprendersi lo stesso corpo in cui si era trovato cosí bene nei suoi trentatré anni
terreni. Certo, a differenza di tanti dipinti di pittori più noti, in cui si mostra Cristo trionfante
sulla morte, quasi non scalfito da questa, in questo quadro, il corpo di Gesù è bianco,
esangue a causa di tutto il sangue versato, e l’aureola stessa è insanguinata. Il suo stesso
volto è stanco per la sua battaglia con la morte (mors et Vita duello conflixere mirando): è
stanco non perché non sia contento di riprendersi il suo corpo, ma perché la sua gloria sta
tutta nel suo corpo pensato, nella sua umanità che Lui non ha per niente rimosso
nemmeno nell’avvenimento della resurrezione.
Roberto Castenetto